La mia storia

STREGATO DALLE API

 Come ha iniziato l‘attività di Apicoltore.

 La stupenda avventura con le api è iniziata quasi per gioco, nel 1980. Con mia moglie Simonetta, eravamo alla continua ricerca di miele genuino per il nostro consumo, poco soddisfatti di quello che si trovava in commercio cominciammo  a prendere in considerazione l’idea di produrlo noi. Lessi il manuale  “Apicoltura moderna “, dello Zappi Ricordati e con quelle nozioni nel mese di giugno, sistemandoli sul terrazzo della casa dove abitavamo, acquistai due sciami da Tuzi “ la casa dell’Apicoltore”, negozio di Roma ormai chiuso, all’epoca molto conosciuto in tutto il centro Italia. La stagione ormai avanzata non permise alle due famiglie di produrre miele, ma queste riuscirono a svilupparsi completamente. Durante l’inverno continuai periodicamente a farmi pungere dalle api per immunizzarmi al veleno.

L’anno dopo per aumentare le famiglie e per risparmiare mi procurai dei bugni rustici, all’epoca ancora utilizzati da anziani agricoltori-apicoltori. Trovati nella mia zona e pattuito il prezzo ( 30.000 £ cad. ) ne scelsi una decina, pagai anticipato e decisi in accordo di ritirarli il giorno dopo, ma ahimè ebbi una brutta sorpresa: 3 erano stati sostituiti con altrettanti morti dal disonesto contadino e a nulla valsero le mie proteste.

Attualmente ho 300 alveari e seguo il settore apistico di una cooperativa agricola sociale,( Agricoltura Nuova ) composto da altri 320 famiglie.   

 

Per quali motivi ha scelto questa strada?

 

All’inizio non è stata una scelta ragionata ma solo un gioco;  al primo contatto con le api però sono rimasto letteralmente  stregato dal loro universo. Passavo ore soltanto ad osservare dall’esterno il volo di rientro delle bottinatrici cariche negli alveari. Per i primi due anni è rimasto un hobby, trasformandosi in seguito prima in attività part-time e dal 2002 in attività  principale acquisendo la qualifica di coltivatore diretto-apicoltore.

 

Cosa significa avere una passione per l’ape?

 

L’apicoltura è una attività che ti permette di vivere a contatto completo con la natura, di seguire l’avvicendarsi delle stagioni, cosa che la maggioranza delle persone ha ormai dimenticato.

Per me l’alveare è il mondo dei profumi, che esprime un’armonia perfetta con l’ambiente che lo circonda. Vivere vicino a questo meraviglioso insetto mi appaga moltissimo.

 

Quali sono le difficoltà che si incontrano nella sua zona?

 

Sento molto il problema della mancanza di collaborazione, lo scambio di esperienze, tra apicoltori. Se ci fosse questo aiuto tra noi, tutti ne trarremmo vantaggio; l’ape insegna, l’unione fa la forza. Invece spesso ognuno va per la propria strada, ognuno con il suo postulato, convinto che sia l’unico.

Un altro pericolo che sento molto, è la continua minaccia che le api possano essere avvelenate nelle usuali pratiche agronomiche attuate dagli agricoltori; la cronaca di ogni anno ne è testimone. In questa ultima campagna di semina nella mia zona, molte aziende agricole hanno, dopo anni di scarso interesse, riseminato la colza. Il mio timore è che sia stata  trattata con i nicotinoidi ( vedi imidacloprid ). Speriamo di non trovarci gli alveari svuotati nella prossima stagione. Inoltre, operando vicino a una grande città ( Roma ) la continua crescita ( aggiungo disastrosa ) della metropoli, continua a sottrarre spazi agricoli indispensabili per il nostro lavoro.

 

Pratica il nomadismo?

Attualmente sposto pochi alveari ed esclusivamente per la produzione di miele di castagno, ma ho in programma per il futuro, nell’arco di due stagioni, iniziando dalla prossima, di pallettizzare con delle banchette in ferro da quattro, tutti gli alveari, spostandoli con autocarro e gruetta applicata posteriormente.

Per me il nomadismo è la massima espressione dell’apicoltura, permette di sfruttare meglio le risorse nettarifere ottenendo varietà di miele uniflorali, migliorando la produzione e diversificando l’offerta di prodotto; permette inoltre di avere  famiglie sempre in attività con le importazioni continue di raccolto, buona “terapia” per evitare l’insorgenza delle patologie dell’alveare. 

 

L’apicoltore deve essere un esperto botanico?

 

Nella nostra attività è fondamentale conoscere le specie botaniche e i tempi di fioritura delle risorse nettarifere; aggiungo che  anche nozioni di meteorologia, che influiscono direttamente nella secrezione di nettare delle fioriture di interesse apistico, sono utili allo svolgimento della nostra attività.

Quando si ha la cognizione dei flussi nettariferi è possibile ottenere mieli uniflorali anche con alveari stanziali.  

 

Che tipo di apicoltura pratica?

 

Tutti i miei alveari e quelli della Cooperativa che seguo sono a conduzione “BIO”.

 

Che problemi pone la commercializzazione?

 

Vendo principalmente all’ingrosso. L’offerta di prodotto biologico al momento è insufficiente per cui  non ho difficoltà nella collocazione del miele.

Una parte della produzione la vendo direttamente al consumatore, nelle varie manifestazioni dedicate al settore e in qualche mercatino BIO, per due principali motivi, far conoscere alla gente le peculiarità dei mieli uniflorali e poter ricavare un maggior guadagno.  

 

Che direbbe agli apicoltori che usano antibiotici?

 

La scelta dell’utilizzo di antibiotici nell’allevamento delle api  è scorretta e dannosa,  per una semplice ragione: non si ha la visione sanitaria  reale degli allevamenti. E’ consuetudine durante la stagione, formare sciami artificiali e spaccare famiglie, per ampliamento e rimonta all’interno dell’azienda o peggio destinandoli alla vendita, contribuendo così alla diffusione delle patologie allo stadio latente.

Se prendiamo in considerazione la peste americana, l’unico rimedio è la distruzione della colonia malata per ovvii motivi; le api non riescono a ripulire le cellette ( la scaglia vi rimane attaccata tenacemente).

La conduzione senza l’utilizzo di queste sostanze, comporta visite costanti e maggiore impiego ore-alveare, in special modo ad inizio e alla fine della  stagione produttiva, per poter rilevare tempestivamente le varie patologie e fare in modo che non si propaghino. Tutto ciò comporta un limite al numero di alveari che una sola persona può condurre, a seconda delle proprie capacità.

Ormai siamo un mercato globale  e con l’uso di tali sostanze non  si abbia la speranza di competere con i paesi a basso costo di manodopera come la Cina o grandi produttrici come  l’Argentina, l’unico metodo per differenziarci è produrre con metodi puliti prodotti di alta qualità.

 

Utilizza particolari tecniche per migliorare il suo lavoro in apiario?

 

Per il mio fabbisogno ogni anno allevo una certa quantità di regine per effettuare cambi e sostituzioni negli alveari, circa 400, più un discreto numero di celle reali per formare nuovi sciami artificiali, operando una selezione su ceppi che hanno le caratteristiche che soddisfino le mie aspettative, come la docilità, la scarsa sciamatura e la produttività.

Inoltre sto cercando di meccanizzare quelle operazioni, come lo spostamento degli alveari e la movimentazione dei melari, per evitare fatica inutile e acquisire maggior tempo per poter incrementare i capi allevati.

 

Come lotta contro la varroa?

 

La varroa è una causa importante dei problemi dell’apicoltura. Nelle fasi del suo ciclo di sviluppo indebolisce il superorganismo alveare, e favorisce l’insorgenza di altre patologie come le virosi, il nosema e la peste europea.

Operando secondo il metodo CEE 834/07 ( agricoltura biologica ) combatto contro la varroa in due tempi, distinti e separati. Prima con il cosiddetto trattamento tampone, con timolo, applicando tavolette di spugna OASIS imbevute di principio attivo, attuando entro la prima decade di agosto il primo intervento e a distanza di una settimana, per tre settimane consecutive, per coprire lo sfarfallamento di tutta la covata; questo permette di abbassare l’infestazione a un livello che consente di arrivare al trattamento invernale, di pulizia radicale, con acido ossalico gocciolato nel mese di dicembre, in assenza totale di covata.

Un problema sottovalutato nella lotta alla varroa è la reinfestazione , anche perché non esistono piani di lotta zonali, tutti operiamo secondo le esigenze personali ed aziendali.

Se qualche famiglia “collassa” per incuria o errata conduzione, il conseguente saccheggio è causa della reinfestazione delle colonie già trattate  compromettendo la sopravvivenza della colonia e l’esito finale della cura.

 

Cosa funziona nel mondo apistico?

 

Di sicuro l’APE, insetto che ha attraversato nella sua esistenza ere geologiche ed è arrivato fino ai giorni nostri praticamente immutata. Difendiamola.

 

Cosa non funziona nel mondo apistico?

 

Come ho già detto, è importante associarsi per poter portare avanti le problematiche dell’apicoltura, tanto che nel Lazio abbiamo formato una nuova associazione, l’A.L.P.A., composta da un nucleo di professionisti ma aperta a tutti, con l’intento in primis di sensibilizzare le autorità della nostra regione.

 

Cosa rappresentano per lei le api?

 

E’ un lavoro che sta diventando, anno per anno, più difficile quasi una missione. Nonostante ciò ad ogni primavera rivivo con le api l’emozione della nuova stagione, la speranza che il tempo sia favorevole allo sviluppo delle colonie e favorisca fioriture  per abbondanti raccolti.   

 

Ci racconti un episodio particolare legato alla sua attività?

 

Qualche anno fa’, durante uno spostamento di un apiario, ho rischiato di finire sulle cronache dei giornali. Il ragazzo che guidava il camion su una stretta stradina, ma molto vicino al paese, a cento metri dalla destinazione, ha sbagliato manovra ed è finito in una cunetta. Nella sfortuna, qualcuno ci ha aiutato, il camion del tipo per il trasporto del bestiame, è rimasto poggiato ad una quercia, in bilico, bastava mezzo metro in più ed avrebbe cappottato facendo due giri completi, lascio immaginare con quali  conseguenze. Siamo riusciti a ricomporre i 48 alveari, schiacciando inevitabilmente molte api e prendendo una buona dose di punture. Comunque alla fine della fioritura, in quel caso di agrumi, il raccolto è stato il più abbondante degli anni passati. 

 

Aspettative future?

 

Spero sia data maggiore importanza alle nostre api, infaticabile lavoratrice che col suo incessante lavoro è portatrice di ricchezza e biodiversità e sia attuato quello che cita l’art 1 della legge 313/2004  “ … l’apicoltura come attività di interesse nazionale…salvaguardia della razza di ape italiana…”

 


Stregato dalle api